sabato 7 luglio 2012

“MAI DA SOLE”: CONOSCERE LA DEPRESSIONE POST PARTUM


“MAI DA SOLE”: CONOSCERE LA DEPRESSIONE POST PARTUM






Circa una Donna su dieci in Italia, dati provenienti dall’Istituto Superiore di Sanità, si ammala dopo il parto, di Depressione. La maternità rappresenta un delicato momento della fase di vita di una donna. Questa fase, che potremmo definire una tappa evolutiva, può rappresentare per la donna, e per il suo compagno, una vera e propria “crisi evolutiva”. Diventare genitore infatti, segna la personalità dei membri della coppia. La donna, in questo delicato periodo della sua vita, si trova a dover cambiare “stato”: da figlia a madre, un passaggio esistenziale in cui la donna vive uno stato di profondo conflitto: da una parte la sua crescita, ossia il desiderio di affrontare un’esperienza di sviluppo completa che esprima il totale passaggio da una vita adolescenziale ad una vita adulta, dall’altro di regressione, che la vedono ancora coinvolta nel ruolo di figlia e la legano a rappresentazioni della propria infanzia-adolescenza. I desideri possono essere ambivalenti anche quando la gravidanza è desiderata e ricercata. Di fatto, la maternità è per la donna un momento di forte stress sia fisiologico, che fisico e psicologico. Sul piano fisico, la donna vede cambiare il suo corpo: l’aumento progressivo del peso corporeo, l’alterarsi del profilo de i fianchi, i primi “fastidi” legati alla gravidanza, talvolta emotivamente sgradevoli, come nausea ed iperemesi. Sul piano psicologico, la donna inizia a rivolgere la propria attenzione al proprio mondo interiore e a quello del bambino, alle proprie emozioni, al contatto simbiotico che si instaura per tutta la durata, ed oltre,  della gravidanza, modulato verisimilmente dall’azione degli ormoni. L’evento maternità, muta anche il rapporto che la donna ha con la propria sessualità, con la femminilità, con la seduttività, con il partner e con la propria immagine. L’arrivo di un bambino comporta necessariamente uno sconvolgimento delle abitudini e dei ritmi che la donna e la coppia, ha. Prendersi cura di un figlio richiede una capacità empatica che non si realizza se interferiscono prepotentemente i propri bisogni o le proprie difficoltà. La sofferenza, il dolore, lo sconforto, il disagio che la donna sperimenta, è infatti aggravato se le condizioni relazionali, sociali, economiche, attorno ad essa, sono sfavorevoli e se la donna è lasciata sola nella propria disperazione. La Depressione Post Partum è, in realtà, una condizione patologica molto frequente e spesso sottovalutata, che genera sentimenti di vergogna e sensi di colpa, in chi ne soffre.
È possibile che simili condizioni favoriscano il manifestarsi della depressione post natale, che può essere più lento e graduale ma anche rapido. La durata varia da alcuni mesi ad alcuni anni, in funzione della severità dei sintomi e l’insorgenza avviene di solito nell’arco dei primi 6 mesi di vita del bambino. A volte la depressione può non essere facilmente individuata e così, se  trascurata, si pongono le condizioni di aggravamento e  cronicizzazione, nei casi peggiori con gravi ripercussioni sino a veri e propri “acting out”, come riportato da numerosi fatti di cronaca.
Quali sono i sintomi della Depressione Post Partum? 
Le madri affette da Depressione post partum si sentono costantemente preoccupate ed in ansia, facilmente irritabili, costantemente sotto pressione e sovraccaricate; il loro umore è depresso, si sentono soletristi, infelici, hanno spesso voglia di piangere, restare al buio, non provano piacere nello svolgere alcuna attività, neanche quelle che prima erano fonte di piacere, hanno difficoltà nel prendere decisioni, avvertono un senso di colpa e perdita di speranza. Anche il sonno ne risente. Non mancano sintomi fisici, come disturbi gastrointestinali, mal di testa, dolori muscolo-scheletrici diffusi, nausea, senso di stanchezza, debolezza, ed una sensazione di malessere generalizzato.
Altri sintomi riguardano il rapporto  e le sensazioni che queste donne hanno con il loro bambino: sentono il bambino come “un peso”, non provano emozioni verso il bambino e avvertono indifferenza, si sentono incapaci di prendersi cura del bambino, temono di restare da sole con lui per paura di fargli del male, non hanno voglia di prenderlo in braccio, accudirlo, si sentono madri e mogli incapaci. Non di rado, appaiono pensieri ricorrenti e persistenti, che solitamente riguardano gesti contro il bambino (ferirlo, ucciderlo).Questi pensieri sono vissuti come spaventosi e terribili, le madri temono di poterli veramente mettere in atto e adottano numerose strategie per evitare che queste immagini mentali possano realizzarsi. Queste madri non vogliono consciamente fare del male ma temono di agire in modo incontrollato. La presenza di simili pensieri può generare rituali compulsivi di eccessiva attenzione e cura. Anche i rapporti con il partner e i familiari  divengono conflittuali. Sul piano sessuale, la coppia non funziona, aumentano le tensioni, l’insoddisfazione, la frustrazione e le incomprensioni. La donna non si sente capita, compresa, e sente crescere, sempre più attorno a sé, la solitudine e la disperazione, che la portano a sperimentare il senso di vuoto esistenziale ed intimo. La donna non si sente compresa non solo da  familiari e partner, ma  neanche dal  proprio medico curante. Non sono sufficienti farmaci né estemporanee parole di incoraggiamento per venire fuori dalla propria condizione di disagio: i vissuti appartengono ad una sfera più intima e profonda e hanno una rilevanza clinica, oltre che, una chiara valenza simbolica, più semplicemente questo significa che la donna comunica con la malattia, un disagio profondo.
I fattori di rischio, per così dire, predisponenti non sono del tutto noti, sicuramente precedenti storie, anche familiari di depressione, portare avanti una gravidanza da sole ed in  condizioni economiche sfavorevoli, eventi  fortemente stressanti o traumatici, gravidanza non desiderata, relazioni “difficili”con i propri genitori, partner assente ed incapace di sostenere la propria compagna, sono alcune tra le svariate cause che rendono più vulnerabili alla depressione post partum. Non dobbiamo sottovalutare  neanche come il parto, il travaglio spesso protratto, e successivamente l’allattamento, che sfiniscono e provano il corpo e la psiche della donna,  possono costituire per la donna, un forte trauma.
Anche la forte pressione sociale, gioca un ruolo importante. Il clichè che Mass  media e Società propongono è quello di una donna professionalmente affermata, moglie, madre, amante passionale, bella e sempre in forma, sorridente, perspicace, magari pure impegnata socialmente, una donna che prepara la cena in guepiere come se fosse reduce dalle passerelle delle ultime sfilate parigine, insomma un’immagine perfetta di Femme fatale angelo del focolare, ma ben lontana dalla realtà.  Ed allora ecco scattare i pensieri (disfunzionali) automatici legati alla “doverizzazione”: ”se non sono così, non sono una buona compagna/madre”, “ma il mio compagno mi vorrà ancora, se lo contraddico”, “se non lo assecondo, lui mi lascerà per una donna più giovane”, “se non faccio come mi dicono i miei suoceri/genitori, non sarò mai una buona madre”,”solo una gravidanza completa una donna”, "una brava moglie deve soddisfare sempre “i bisogni” del proprio marito”, “una brava moglie non pensa al proprio piacere sessuale”, ecc,  che possono rendere la situazione insostenibile.
La Terapia della Depressione Post-partum si basa fondamentalmente sulla Psicoterapia, ed  in una grande percentuale dei casi, questa va necessariamente integrata con un Trattamento Farmacologico.
Il primo passo importante per una donna che vive una condizione simile, che si rispecchia in questi vissuti angoscianti e in questi comportamenti e che si sente disperata e abbandonata, è fermarsi a riflettere e prendere coscienza di quanto sta accadendo, uscire dalla  Paura e dal Silenzio, trovare la Forza di chiedere aiuto, non facendosi bloccare da sensazioni di vergogna e inadeguatezza, circa i propri pensieri. Alle mamme con depressione post partum non vengono tolti i figli. Chiedere aiuto è il primo e unico modo per riappropriarsi della propria vita, per ricostruire un legame di attaccamento con il proprio bambino, è un gesto di amore e responsabilità per il bambino e per se stesse. La relazione madre - bambino è fondamentale per una crescita sana ed armoniosa, pertanto i sintomi non vanno ignorati o sottovalutati, per paura del giudizio. La Depressione Post partum non si risolve ne si cura da sole. Ogni donna è diversa dalle altre, ed è necessario comprenderne il funzionamento. La Depressione non rende una donna “peggiore”; si può curare, e necessita di un intervento competente su più fronti e del sostegno e della condivisione da parte di tutte le figure presenti nella vita della famiglia della donna. Il supporto è essenziale anche in condizioni non patologiche, per cui, ogni donna non deve sentirsi “in colpa o incapace” se chiede sostegno al proprio compagno o alla famiglia, quando è stanca o sovraccaricata. Un elemento importante, è la Prevenzione, attuata mediante programmi di sostegno e informazione alle famiglie e alle donne, con il coinvolgimento delle Istituzioni. È diritto di ogni donna in gravidanza, essere accolta, ascoltata, ottenere tutte le informazioni necessarie e la giusta preparazione, avere la possibilità di scegliere come partorire, e appropriarsi della propria condizione. La maternità non è solo un impegno responsabile, è un’esperienza di amore e condivisione intima della coppia, di ascolto empatico, di reciprocità, di co-costruzione di nuove identità quali quelle personali e genitoriali.



A cura di
Dott. A.E. Carriero
Psicologo clinico -

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