Molti
ricorderanno, purtroppo, il triste episodio di cronaca sociale, in cui un
bambino veniva prelevato all'uscita da scuola per essere affidato ad una casa
famiglia in attesa della decisioni del Tribunale. Lungi da considerazioni personali
che questo triste episodio può risvegliare in ognuno, questo Post vuole
affrontare un tema sociale sempre più scottante, quello dei Figli contesi e
della, oramai nota ai più, PAS.
La PAS o Sindrome di Alienazione Genitoriale, fu introdotta dallo
studioso Gardner nel 1985, per la prima volta, per identificare, e spiegare,
quel meccanismo che si veniva a creare durante i processi di separazione tra i
coniugi. Gardner notò che durante le numerose discordie tra i coniugi, vi era
una singolare e ricorrente opera di svilimento di un genitore a scapito
dell’altro. Non solo. Questa “operazione”
presentava, nella sua fenomenologia, alcuni tratti caratteristici e
ricorrenti, che ne hanno permesso successivamente la formulazione in criteri
“diagnostici” di riferimento. Nella PAS riconosciamo due “attori”, il genitore alienante, ossia colui che
mette in scena il “programma denigratorio”, ed il genitore alienato, ovvero colui che subisce gli effetti del coniuge
programmante.
Nel corso delle
separazioni connotate da aspre e tumultuose interazioni, i due coniugi entrano
in un vero e proprio conflitto a due, in cui vige la regola “vita mea, mors
tua”, con l’obiettivo di annientare
l’avversario (il coniuge avversario), ed escluderlo totalmente dalla vita
affettiva del minore. Non è difficile immaginare la distruttività sul piano
emotivo e psicologico di un simile programma, volto a sancire un assetto di
potere che nulla ha a che vedere con gli impegni e le responsabilità
genitoriali.
La campagna di denigrazione e l’indottrinamento a scapito del
genitore alienato è spesso carica di aggressività latente, inganno e
condizionamenti. Turkat tra il 1995 e il
1999 parlò per la prima volta della “Sindrome del Genitore Malevolo”, secondo
cui, dopo la cessazione del rapporto coniugale, il genitore, pur rimanendo
esente da altre psicopatologie accertabili, e mantenendo coi figli – almeno in
apparenza – un efficace rapporto di accudimento, tuttavia esercita nei
confronti dell’ex coniuge un comportamento lesivo, teso soprattutto ad
impedirgli un normale ed affettuoso rapporto coi figli.
Da qui è possibile dedurre
come sia sempre più difficile, per gli esperti, soprattutto per casi border, in cui il confine tra normalità
e funzionamento patologico (diverso da patologia), è sempre più sottile, formulare
un giudizio che altresì a mio avviso, deve tenere conto dei criteri etici e
deontologici di ogni professionalità.
Nella
PAS ricorrono le seguenti condizioni:
Campagna
di denigrazione nei confronti di uno dei genitori, Fenomeno del pensatore
indipendente, Sostegno automatico al genitore alienante nel conflitto
genitoriale, Assenza di senso di colpa, Estensione dell’ostilità alla famiglia
allargata ed agli amici del genitore alienato, Comportamento variabile da adeguato a oppositivo – provocatorio, durante le visite, differenza nel legame
con genitore alienante e genitore alienato, mancanza di sentimenti di
ambivalenza, scenari comportamentali e verbali non attribuibili all'età etc,
con entità di gravità che varia da lieve a grave.
Altro
aspetto delicato, legato alla “diagnosi” di PAS, è la necessità di distinguere
condizioni di alienazione da reali condizioni di abuso, maltrattamento, e/o
carenza di accudimento. Nel secondo caso, infatti, la sintomatologia
manifestata, ad esempio in caso di abuso di minore, oltre alla configurazione
di reato penale, sarebbe riconosciuta e validata dalla comunità scientifica
internazionale, attraverso la classificazione criteriale riportata nell'attuale DSM IV.
La
PAS, la cui valenza non è supportata da
dati empirici, infatti, non esiste come sindrome clinica, attualmente riconosciuta
dalla Comunità scientifica internazionale, in quanto non è presente nel Manuale
diagnostico e statistico dei disturbi mentale. La PAS è nota in ambito forense.
Una recente sentenza della Cassazione (Cassazione civile , sez. I, sentenza 20.03.2013
n° 7041) asserisce
che la PAS, si discosta dalla scienza ufficiale, e lo stesso mondo accademico
ne prende le distanze, dichiarandosi scettico. Nella medesima sentenza inoltre
non sono mancate dichiarazioni poco lusinghiere nei confronti del prof. Gardner,
ideatore, per così dire, della Sindrome medesima.
Alla
luce di quanto emerso, ritengo sia più opportuno parlare di PAS in termini di Processo,
e non di Disturbo o Sindrome clinica. È sovente, infatti, che durante il programma
di indottrinamento e di campagna denigratoria nei confronti del genitore
bersaglio, si inneschino meccanismi di condizionamento, che conducono a vere e
proprie distorsioni percettive. L’obiettivo è accrescere il senso di avversione
che fa capo ad una lotta tra adulti, passando attraverso il gioco delle
alleanze. Le strategie adottate possono essere svariate e differenziarsi
qualitativamente a seconda che l’alienante sia di sesso maschile o femminile. Il condizionamento passa dapprima
attraverso la fase di “adescamento o aggancio" in cui il genitore, identificato
l’elemento chiave, si assicura fiducia e credibilità. Seguono poi rinforzi positivi
(promesse, premi e ricompense) o negativi (punizione e privazioni dei benefit),
delle condotte e degli atteggiamenti auspicati, che fanno leva sulla motivazione,
meccanismi di identificazione con il genitore alleato, modeling e modellamento. Le modalità possono
essere sia dirette che indirette. In questo ultimo caso, la rilevazione risulta
maggiormente difficoltosa in quanto, viene fatta leva sulla sfera emozionale del
minore, sullo schema di valori e sul senso di lealtà, principii a cui i bambini aderiscono, quasi aprioristicamente.
Le tecniche indirette mirano a costruire un’immagine
negativa del genitore bersaglio, al fine di escluderlo dal campo psicosociale
del minore; ad esempio si filtrano e manipolano le informazioni a carico dell’altro,
si attribuiscono qualità e caratteristiche negative, si esclude, “quasi per
dimenticanza”, la partecipazione del genitore alla vita familiare, si
ridicolizza l’altro, si induce il senso di colpa, il dubbio o la paura,ci si
mostra ipercritici nei confronti di stili di vita, comportamenti, etc. Non di
rado queste dinamiche appaiono trans generazionali appartengono cioè, come
pattern comportamentale, ad una sorta di mandato familiare (Gulotta 2001), tramandato
di generazione in generazione, preferendo la linea matriarcale. Affinché però
un programma di PAS si innesti sono necessarie alcune condizioni ascrivibili alla
personalità del minore, in grado cioè di renderlo più vulnerabile, come: l’età,
lo stadio evolutivo e lo sviluppo delle capacità di pensiero ipotetico-deduttivo,
il grado di suggestionabilità, l’identificazione emotiva e comportamentale con il
genitore alleato, ma anche il clima familiare e la qualità delle relazioni
precedenti l’evento, le cause della separazione.
Ma allora come comportarsi in
situazioni simili e come evitare un ricorso scriteriato e semplicistico alla evidenziazione
di PAS? E come essere certi di distinguere situazioni di naturale preferenza da
una induzione alla medesima? Gulotta(Gulotta 1989), fornisce una duplice
interpretazione di espressioni tipiche e frequenti nelle famiglie, che
avrebbero una valenza in campo penale se “letteralmente analizzate”, ma che
ricorrono invece nella pratica educativa consuetudinaria. Il minore inoltre, mostra una naturale propensione a "risarcire il genitore ferito”, alleandosi
più facilmente con esso, soprattutto se la causa oggettiva della separazione è
l’altro, ad esempio in caso di tradimento coniugale.
Insomma la PAS lascia
ancora molti dubbi. Il confine è davvero sottile per poter effettuare un
giudizio anche tecnico, ancor di più perché la differenza, alla luce dei
recenti fatti di cronaca, è tra il diritto del minore di vivere in un contesto
di serenità e familiarità, quale quello di appartenenza, ed un bambino affidato, seppur temporaneamente,
ad una Istituzione. E questo non è cosa da poco! Se poi ci aggiungiamo le
modalità irruente, l’imprevedibilità ed il distacco coatto, gli effetti sull'equilibrio emotivo, possono essere devastanti. I minori spesso non hanno
chiara consapevolezza di cosa sta accadendo, ma vivono il distacco come abbandono attribuendosene la responsabilità, anche in termini di amabilità. Onde
evitare il ripetersi di simili avvenimenti è bene che le famiglie e i genitori,
si riapproprino del senso di maturità e responsabilità genitoriale, preservando
i minori da dinamiche distruttive e competitive, senza strumentalizzazioni.
I
FIGLI vanno esclusi dai contenziosi. Inoltre, qualora lo si ritenga opportuno,
la coppia può rivolgersi al professionista competente, il quale, nel pieno
rispetto del codice etico, deontologico e umano, può fornire sostegno e supporto
specializzato, per affrontare una eventuale separazione, che riguarda, ci tengo
a precisare, la Coppia nella relazione Uomo - Donna, e non la Coppia nella sua Dimensione Genitoriale.
a cura di Dr.ssa Carriero