martedì 30 aprile 2013

Usi e Abusi della PAS. Il dramma dei Figli contesi


Molti ricorderanno, purtroppo, il triste episodio di cronaca sociale, in cui un bambino veniva prelevato all'uscita da scuola per essere affidato ad una casa famiglia in attesa della decisioni del Tribunale. Lungi da considerazioni personali che questo triste episodio può risvegliare in ognuno, questo Post vuole affrontare un tema sociale sempre più scottante, quello dei Figli contesi e della, oramai nota ai più, PAS.
La PAS o Sindrome di Alienazione Genitoriale, fu introdotta dallo studioso Gardner nel 1985, per la prima volta, per identificare, e spiegare, quel meccanismo che si veniva a creare durante i processi di separazione tra i coniugi. Gardner notò che durante le numerose discordie tra i coniugi, vi era una singolare e ricorrente opera di svilimento di un genitore a scapito dell’altro. Non solo. Questa “operazione”  presentava, nella sua fenomenologia, alcuni tratti caratteristici e ricorrenti, che ne hanno permesso successivamente la formulazione in criteri “diagnostici” di riferimento. Nella PAS riconosciamo due “attori”, il genitore alienante, ossia colui che mette in scena il “programma denigratorio”, ed il genitore alienato, ovvero colui che subisce gli effetti del coniuge programmante. 

Nel corso delle separazioni connotate da aspre e tumultuose interazioni, i due coniugi entrano in un vero e proprio conflitto a due, in cui vige la regola “vita mea, mors tua”,  con l’obiettivo di annientare l’avversario (il coniuge avversario), ed escluderlo totalmente dalla vita affettiva del minore. Non è difficile immaginare la distruttività sul piano emotivo e psicologico di un simile programma, volto a sancire un assetto di potere che nulla ha a che vedere con gli impegni e le responsabilità genitoriali.
La campagna di denigrazione e l’indottrinamento a scapito del genitore alienato è spesso carica di aggressività latente, inganno e condizionamenti. Turkat  tra il 1995 e il 1999 parlò per la prima volta della “Sindrome del Genitore Malevolo”, secondo cui, dopo la cessazione del rapporto coniugale, il genitore, pur rimanendo esente da altre psicopatologie accertabili, e mantenendo coi figli – almeno in apparenza – un efficace rapporto di accudimento, tuttavia esercita nei confronti dell’ex coniuge un comportamento lesivo, teso soprattutto ad impedirgli un normale ed affettuoso rapporto coi figli.                  
Da qui è possibile dedurre come sia sempre più difficile, per gli esperti, soprattutto per casi border, in cui il confine tra normalità e funzionamento patologico (diverso da patologia), è sempre più sottile, formulare un giudizio che altresì  a mio avviso, deve tenere conto dei criteri etici e deontologici di ogni professionalità.                                                                                                  
Nella PAS ricorrono le seguenti condizioni:
Campagna di denigrazione nei confronti di uno dei genitori, Fenomeno del pensatore indipendente, Sostegno automatico al genitore alienante nel conflitto genitoriale, Assenza di senso di colpa, Estensione dell’ostilità alla famiglia allargata ed agli amici del genitore alienato, Comportamento variabile da adeguato a oppositivo – provocatorio, durante le visite, differenza nel legame con genitore alienante e genitore alienato, mancanza di sentimenti di ambivalenza, scenari comportamentali e verbali non attribuibili all'età  etc, con entità di gravità che varia da lieve a grave.
Altro aspetto delicato, legato alla “diagnosi” di PAS, è la necessità di distinguere condizioni di alienazione da reali condizioni di abuso, maltrattamento, e/o carenza di accudimento. Nel secondo caso, infatti, la sintomatologia manifestata, ad esempio in caso di abuso di minore, oltre alla configurazione di reato penale, sarebbe riconosciuta e validata dalla comunità scientifica internazionale, attraverso la classificazione criteriale riportata nell'attuale DSM IV.                                                                                                                          
La PAS, la cui valenza non è  supportata da dati empirici, infatti, non esiste come sindrome clinica, attualmente riconosciuta dalla Comunità scientifica internazionale, in quanto non è presente nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentale. La PAS è nota in ambito forense. Una recente sentenza della Cassazione (Cassazione civile , sez. I, sentenza 20.03.2013 n° 7041) asserisce che la PAS, si discosta dalla scienza ufficiale, e lo stesso mondo accademico ne prende le distanze, dichiarandosi scettico. Nella medesima sentenza inoltre non sono mancate dichiarazioni poco lusinghiere nei confronti del prof. Gardner, ideatore, per così dire, della Sindrome medesima.
Alla luce di quanto emerso, ritengo sia più opportuno parlare di PAS in termini di Processo, e non di Disturbo o Sindrome clinica. È sovente, infatti, che durante il programma di indottrinamento e di campagna denigratoria nei confronti del genitore bersaglio, si inneschino meccanismi di condizionamento, che conducono a vere e proprie distorsioni percettive. L’obiettivo è accrescere il senso di avversione che fa capo ad una lotta tra adulti, passando attraverso il gioco delle alleanze. Le strategie adottate possono essere svariate e differenziarsi qualitativamente a seconda che l’alienante sia di sesso maschile  o femminile. Il condizionamento passa dapprima attraverso la fase di “adescamento o aggancio"  in cui il genitore, identificato l’elemento chiave, si assicura fiducia e credibilità. Seguono poi rinforzi positivi (promesse, premi e ricompense) o negativi (punizione e privazioni dei benefit), delle condotte e degli atteggiamenti auspicati, che fanno leva sulla motivazione, meccanismi di identificazione con il genitore alleato, modeling e modellamento. Le modalità possono essere sia dirette che indirette. In questo ultimo caso, la rilevazione risulta maggiormente difficoltosa in quanto, viene fatta leva sulla sfera emozionale del minore, sullo schema di valori e sul senso di lealtà, principii a cui i bambini aderiscono, quasi aprioristicamente. 
Le tecniche indirette mirano a costruire un’immagine negativa del genitore bersaglio, al fine di escluderlo dal campo psicosociale del minore; ad esempio si filtrano e manipolano le informazioni a carico dell’altro, si attribuiscono qualità e caratteristiche negative, si esclude, “quasi per dimenticanza”, la partecipazione del genitore alla vita familiare, si ridicolizza l’altro, si induce il senso di colpa, il dubbio o la paura,ci si mostra ipercritici nei confronti di stili di vita, comportamenti, etc. Non di rado queste dinamiche appaiono trans generazionali  appartengono cioè, come pattern comportamentale, ad una sorta di mandato familiare (Gulotta 2001), tramandato di generazione in generazione, preferendo la linea matriarcale. Affinché però un programma di PAS si innesti sono necessarie alcune condizioni ascrivibili alla personalità del minore, in grado cioè di renderlo più vulnerabile, come: l’età, lo stadio evolutivo e lo sviluppo delle capacità di pensiero ipotetico-deduttivo, il grado di suggestionabilità, l’identificazione emotiva e comportamentale con il genitore alleato, ma anche il clima familiare e la qualità delle relazioni precedenti l’evento, le cause della separazione. 

Ma allora come comportarsi in situazioni simili e come evitare un ricorso scriteriato e semplicistico alla evidenziazione di PAS? E come essere certi di distinguere situazioni di naturale preferenza da una induzione alla medesima? Gulotta(Gulotta 1989), fornisce una duplice interpretazione di espressioni tipiche e frequenti nelle famiglie, che avrebbero una valenza in campo penale se “letteralmente analizzate”, ma che ricorrono invece nella pratica educativa consuetudinaria. Il minore inoltre, mostra una naturale propensione a "risarcire il genitore ferito”, alleandosi più facilmente con esso, soprattutto se la causa oggettiva della separazione è l’altro, ad esempio in caso di tradimento coniugale. 

Insomma la PAS lascia ancora molti dubbi. Il confine è davvero sottile per poter effettuare un giudizio anche tecnico, ancor di più perché la differenza, alla luce dei recenti fatti di cronaca, è tra il diritto del minore di vivere in un contesto di serenità e familiarità, quale quello di appartenenza,  ed un bambino affidato, seppur temporaneamente, ad una Istituzione. E questo non è cosa da poco! Se poi ci aggiungiamo le modalità irruente, l’imprevedibilità ed il distacco coatto, gli effetti sull'equilibrio emotivo, possono essere devastanti. I minori spesso non hanno chiara consapevolezza di cosa sta accadendo, ma vivono il distacco come abbandono  attribuendosene la responsabilità, anche in termini di amabilità. Onde evitare il ripetersi di simili avvenimenti è bene che le famiglie e i genitori, si riapproprino del senso di maturità e responsabilità genitoriale, preservando i minori da dinamiche distruttive e competitive, senza strumentalizzazioni. 
I FIGLI vanno esclusi dai contenziosi. Inoltre, qualora lo si ritenga opportuno, la coppia può rivolgersi al professionista competente, il quale, nel pieno rispetto del codice etico, deontologico e umano, può fornire sostegno e supporto specializzato, per affrontare una eventuale separazione, che riguarda, ci tengo a precisare, la Coppia nella relazione Uomo - Donna, e non la Coppia nella sua Dimensione Genitoriale.

a cura di Dr.ssa Carriero



 




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