Tra i Temi tuttora molto controversi e dibattuti, grande spazio è rivestito dalle questioni inerenti la Sessualità e l'Orientamento sessuale.
Questa sorta di incertezza, ahimè, è a volte anche presente all'interno del nostro mondo di clinici.
Come Sessuologo clinico e Psicoterapeuta che ha prestato servizio presso DH per i Disturbi dell'Identità di Genere, seguendo il protocollo Onig, posso asserire che esiste una reale confusione di significati e elementi caratterizzanti e differenzianti l'Omosessualità e il Transessualismo.
Inizialmente, è bene operare una primaria distinzione tra Sesso e Genere.
Il Sesso è stato usato nel campo
della Biologia e della Medicina per indicare individui maschi o femmine.
Il Genere viene utilizzato per descrivere il genere in cui una persona si identifica (cioè, se si percepisce uomo, donna, o diverso da queste due polarità) ed assume connotazioni sociali o culturali che lo caratterizzano.
All'interno di queste distinzioni avremo:
- l'Orientamento sessuale
- l'Identità di genere
- il Ruolo di genere
Alla luce delle attuali, sino ad ora, classificazioni internazionali riconosciute, capiremo a seguito le differenze.
La prima ripartizione tra Eterosessuale, Omosessuale, Bisessuale riguarda le preferenze legate al sesso del partner sul quale viene indirizzato il desiderio sessuale, ossia l'orientamento sessuale, che consiste nell'attrazione erotica, per soggetti di sesso opposto, dello stesso sesso, o entrambi.
Mentre l'Omosessualità non è più presente, da alcune edizioni, nel DSM IV, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, non configurandosi quindi come patologia, diversa è invece la situazione per l'Identità di Genere.
L'identità di genere designa il sentimento e il vissuto di appartenenza ad un determinato genere sessuale, non solo sul piano fisico, ma anche psicologico e sociale.
Infine, il Ruolo di genere che designa l'insieme di comportamenti che la società ritiene adeguati ad un determinato sesso.
Nel disturbo dell'identità di genere (DIG) conosciuto anche come Disforia di Genere, l'identificazione e il senso di appartenenza sono rivolte al sesso opposto a quello di appartenenza biologica, es. un maschio (sesso biologico) "sente di appartenere " al sesso femminile.
Affinchè si possa parlare di Disforia di genere, è necessario che ci sia "una persistente ed intensa identificazione con il sesso opposto", un malessere riguardo alla propria assegnazione sessuale biologica ed una sensazione di estraneità rispetto al proprio corpo.
Professionalmente sono solita parlare di Variabilità di genere e di disagio che i soggetti provano riguardo al loro fenotipo.
Il disagio è espresso oltre che psicologicamente, anche nei confronti del proprio corpo.
Il soggetto con DIG si autopercepisce intimamente e psicologicamente come un individuo del genere opposto e sente l’urgenza di essere riconosciuto dagli altri come tale.
A volte, segnali di identificazione precoce con il sesso opposto, possono essere presenti già in età evolutiva.
Bambini che rifiutano di utilizzare la toilette secondo le convenzioni legate al sesso o che mostrano interesse anche persistente per attività ludiche e/o giochi di ruolo con identificazioni con il sesso opposto, utilizzando nomi e appellativi o abbigliamento, potrebbero rappresentare casi di disforia di genere primaria.
Attualmente, però, non vi sono dati certi circa l'evoluzione di questi segnali durante la fase adolescenziale, ossia se questi soggetti manifesteranno successivamente una disforia oppure no.
Un numero esiguo di casi, tuttavia, diventerà trans o travestito. Gli altri, perlopiù, si distribuiranno tra eterosessuali e omosessuali.
Alcuni comportamenti, come indossare abiti del sesso opposto, possono osservarsi prima dei 2 anni. Quindi l’età di esordio è spesso precoce; nei maschi il 75% dei casi ha cominciato a travestirsi prima dei 4 anni, tuttavia, il disturbo raramente si presenta nelle strutture di Salute Mentale prima che il bambino raggiunga la pubertà. L’esposizione dei conflitti sociali spesso causa repressione dei comportamenti durante la tarda fanciullezza.
La ricerca della manifestazione del Disturbo dell’Identità di Genere nella fanciullezza non ha mostrato relazioni con comportamenti omosessuali o transessuali nell’età adulta.
Ma chi è dunque il Transessuale? E il Transgender? E le Drag queen/king, chi sono?
In gergo clinico, si è soliti considerare Transessuale, il soggetto con DIG, che ha eseguito la riassegnazioni chirurgica del sesso, mentre Transgender, coloro che non hanno effettuato la riassegnazione.
Queste condizioni, inoltre, vanno separate dal Travestitismo.
Una condizione a parte è rappresentata, invece, dal Feticismo da Travestitismo. Quest'ultimo è una condizione patologica, stando al DSM IV, che rientrerebbe tra le Parafilie, in cui il soggetto utilizzerebbe come unica, sola, pervasiva, modalità di eccitazione sessuale, il travestimento, con ripercussioni anche sul piano relazionale.
La situazione attuale non è semplice. Il mondo scientifico, giuridico, è chiamato in causa per dare risposte a questioni che, ad oggi, sono aperte e molto discusse. Possiamo parlare di terzo sesso? Nella prossima edizione del DSM, il Disturbo di genere, sarà eliminato? E il Diritto di esprimere la propria identità? La nostra società è pronta ad affrontare un cambiamento in tal senso?
La Comunità scientifica dovrà tenere conto, in ogni modo, di questi cambiamenti.
Da un punto di vista professionale, mi sembra doveroso ricordare che non esistono le cosiddette Terapie "riparative/riconversive", di cui si sente spesso parlare.
Spesso, il soggetto prova una grande paura, vergogna ed un intenso disagio per la propria condizione e per la difficoltà di accettazione da parte degli altri. Il timore principale consiste nella paura del giudizio, di essere considerati malati, pazzi, diversi, di essere oggetto di scherno, ridicolizzati, evitati, discriminati, di essere rifiutati dalle proprie famiglie. Tutto questo aggiunge ulteriore disagio ad una condizione di sofferenza. Molti infatti, tentano la strada della Terapia che possa "curare" l'omosessualità o la disforia di genere, in realtà solo per sottrarsi a una serie di conseguenze sul piano sociale, relazionale, professionale, ecc.
In tal senso sarebbe utile promuovere una Cultura del rispetto, dell'accettazione, della comunicazione prosociale, attraverso l'Informazione e la Sensibilizzazione, atta ad evitare episodi di violenza, di Omofobia che vedono sempre più coinvolti giovani adolescenti.
a cura di Dr.ssa Agata Evelina Carriero -
Psicoterapeuta - Sessuologo
Professionalmente sono solita parlare di Variabilità di genere e di disagio che i soggetti provano riguardo al loro fenotipo.
Il disagio è espresso oltre che psicologicamente, anche nei confronti del proprio corpo.
Il soggetto con DIG si autopercepisce intimamente e psicologicamente come un individuo del genere opposto e sente l’urgenza di essere riconosciuto dagli altri come tale.
A volte, segnali di identificazione precoce con il sesso opposto, possono essere presenti già in età evolutiva.
Bambini che rifiutano di utilizzare la toilette secondo le convenzioni legate al sesso o che mostrano interesse anche persistente per attività ludiche e/o giochi di ruolo con identificazioni con il sesso opposto, utilizzando nomi e appellativi o abbigliamento, potrebbero rappresentare casi di disforia di genere primaria.
Attualmente, però, non vi sono dati certi circa l'evoluzione di questi segnali durante la fase adolescenziale, ossia se questi soggetti manifesteranno successivamente una disforia oppure no.
Un numero esiguo di casi, tuttavia, diventerà trans o travestito. Gli altri, perlopiù, si distribuiranno tra eterosessuali e omosessuali.
Alcuni comportamenti, come indossare abiti del sesso opposto, possono osservarsi prima dei 2 anni. Quindi l’età di esordio è spesso precoce; nei maschi il 75% dei casi ha cominciato a travestirsi prima dei 4 anni, tuttavia, il disturbo raramente si presenta nelle strutture di Salute Mentale prima che il bambino raggiunga la pubertà. L’esposizione dei conflitti sociali spesso causa repressione dei comportamenti durante la tarda fanciullezza.
La ricerca della manifestazione del Disturbo dell’Identità di Genere nella fanciullezza non ha mostrato relazioni con comportamenti omosessuali o transessuali nell’età adulta.
Ma chi è dunque il Transessuale? E il Transgender? E le Drag queen/king, chi sono?
In gergo clinico, si è soliti considerare Transessuale, il soggetto con DIG, che ha eseguito la riassegnazioni chirurgica del sesso, mentre Transgender, coloro che non hanno effettuato la riassegnazione.
Queste condizioni, inoltre, vanno separate dal Travestitismo.
Una condizione a parte è rappresentata, invece, dal Feticismo da Travestitismo. Quest'ultimo è una condizione patologica, stando al DSM IV, che rientrerebbe tra le Parafilie, in cui il soggetto utilizzerebbe come unica, sola, pervasiva, modalità di eccitazione sessuale, il travestimento, con ripercussioni anche sul piano relazionale.
La situazione attuale non è semplice. Il mondo scientifico, giuridico, è chiamato in causa per dare risposte a questioni che, ad oggi, sono aperte e molto discusse. Possiamo parlare di terzo sesso? Nella prossima edizione del DSM, il Disturbo di genere, sarà eliminato? E il Diritto di esprimere la propria identità? La nostra società è pronta ad affrontare un cambiamento in tal senso?
La Comunità scientifica dovrà tenere conto, in ogni modo, di questi cambiamenti.
Da un punto di vista professionale, mi sembra doveroso ricordare che non esistono le cosiddette Terapie "riparative/riconversive", di cui si sente spesso parlare.
Spesso, il soggetto prova una grande paura, vergogna ed un intenso disagio per la propria condizione e per la difficoltà di accettazione da parte degli altri. Il timore principale consiste nella paura del giudizio, di essere considerati malati, pazzi, diversi, di essere oggetto di scherno, ridicolizzati, evitati, discriminati, di essere rifiutati dalle proprie famiglie. Tutto questo aggiunge ulteriore disagio ad una condizione di sofferenza. Molti infatti, tentano la strada della Terapia che possa "curare" l'omosessualità o la disforia di genere, in realtà solo per sottrarsi a una serie di conseguenze sul piano sociale, relazionale, professionale, ecc.
In tal senso sarebbe utile promuovere una Cultura del rispetto, dell'accettazione, della comunicazione prosociale, attraverso l'Informazione e la Sensibilizzazione, atta ad evitare episodi di violenza, di Omofobia che vedono sempre più coinvolti giovani adolescenti.
a cura di Dr.ssa Agata Evelina Carriero -
Psicoterapeuta - Sessuologo
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